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Quell’eccesso di cultura che ci sta stretto. Un’analisi di Marco Aime

Marco Aime, Eccessi di cultura, Einaudi, Torino, 2004

Oggigiorno si riscontra un eccesso di attenzione per il concetto di “cultura”: “identità”, “radici”, e altre parole, sono entrate a far parte del nostro lessico quotidiano in modo sempre più pregnante e se ne fa continuamente un uso totalmente acritico. A cos’è dovuto questo interessa per le culture? E’ quello che tenta di spiegarci l’antropologo Marco Aime il quale, in modo lucido e preciso, ci fa notare quello che sta avvenendo ogni giorno sotto i nostri occhi e di cui non ci rendiamo conto: sia che ci si ponga come detrattori dell’integrazione dell'”altro”, sia che si assurga a paladini del “multi-culti” e di tutti gli altri “multi-” possibili immaginabili, quando si parla dell'”altro”, dello straniero, dell’immigrato, dell’extra-comunitario, l’accento è sempre posto su quelle che sono le differenze che lo separano da noi. L’eccessiva attenzione per la cultura è, dunque, sempre volta a rilevare le differenze, sia che -come fa la Lega Nord- si voglia escludere il migrante e creare un’aura di timore attorno alla sua figura, sia che ci si voglia approcciare allo straniero ed esaltarne i suoi costumi e le  sue tradizioni. Così facendo, si cade e si scade inevitabilmente in bassi stereotipi poco edificanti che hanno l’unico effetto di ingabbiare chi viene da fuori in una cultura che sta stretta, che non va, perché è fasulla, semplificata fino all’osso. Non si può, dice Aime, continuare a far ballare gli africani, a far loro suonare il tamburo, perché l’Africa non è solo questo! Non si può continuare a cucinare il cous-cous alla maniera mediorientale, perché alcuni di loro, da quando sono nel nostro paese, lo cucinano insieme ai tortellini! Non si può continuare a creare visioni estetizzanti e istituzionalizzate delle cultura, che non sono dei blocchi che ci pre-determinano e che dobbiamo accettare o rifiutare in toto. Chi fosse realmente mosso da sincero interesse verso le culture “diverse” dalla nostra (qual’è la nostra cultura? Quella occidentale, o quella europea? E si può parlare di una onnicomprensiva cultura italiana/europea/occidentale, come se le culture creassero dei veri e proprio blocchi di civiltà, come intende Samuel Huntington?) dovrebbe tentare un approccio a tu per tu con l’altro, lo straniero, e cercare di entrare in contatto con lui in quanto essere umano, non in quanto africano, o musulmano, o rumeno, o cinese. Si devono abbandonare i finti luoghi comuni che vengono instillati in noi spesso a scopi economico-politici per tentare un approccio vero e proprio con le persone. Da destra e da sinistra, racconta Aime rinfrescandoci la memoria, il tema dell’accoglienza dello straniero è stato sempre strumentalizzato dalle diverse forze politiche, sia per affermare la necessità di accoglienza, che per negarla: attraverso la proclamazione di slogan finto-buonisti, incitanti a un fantomatico ideale di tolleranza da sinistra, oppure attraverso un uso mediatico poco avveduto da parte della destra, con titoli di giornali “caricati” sotto il profilo razziale, tutti i governi hanno sempre fatto largo uso dell’attuale problematica culturale. Essa è stata utilizzata come schermo per nascondere il vero movente (di natura economica o politica, appunto) delle scelte di chi ci governa. Biechi interessi politici vengono mascherati dietro il vessillo della cultura.

Cosa fare per resistere a questo meccanismo ormai in atto da troppo tempo? Appunto, cercare di guardare oltre la finta tolleranza e oltre le mode del “multi-” del momento. Cercare di non abbassarsi a svilire l’altro, a renderlo una non-persona facente parte dell’anonima massa degli “immigrati” che rubano e che sono malavitosi. Cercare di ridare il giusto valore al concetto di cultura, rilevando tanto le peculiarità delle “culture diverse”, che le loro somiglianze con quella che consideriamo la “nostra”. Potremmo essere sorpresi da quante barriere potremmo riuscire ad abbattere.

Un’analisi lucida ed intelligente sulle dinamiche della società contemporanea. Sorprendente.

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