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Libri: Sándor Márai, «Le Braci»

Il fuoco della passione brucia, si consuma fino a trasformarsi in cenere, ma prima della cenere il sentimento tenta l’ultimo e disperato guizzo per continuare a vivere e non morire e lo fa nella brace.

È l’attesa ad aprire il sipario della storia: il generale sta predisponendo ora tutta la sua vita nel compimento di un istante che ha aspettato per ben quarantun anni; il momento è arrivato e per lasciare anche il lettore ancora un po’ anch’egli sulle braci, si racconta della vita e della giovinezza di due uomini, due amici, assai diversi ma uniti da quell’amore fraterno che unisce gli opposti e li lega da un patto stipulato solo nella coscienza.

Allora il patto venne meno per un motivo che l’amico Konrad conosce, Ninì conosce, Krisztina conosce, ma soprattutto il generale conosce, un motivo che aleggia fra i personaggi ma non si insinua sulle loro bocche se non nel finale che, come in un crescendo continuo, lascia con il fiato sospeso fra l’aspettativa di una vendetta e il desiderio di un perdono.

Le braci, capolavoro e specchio del primo Novecento, regalano agli occhi di chi sa apprezzare una scrittura riflessiva, profondi e sinceri pensieri sull’amicizia, sulla lealtà e sull’amore: «quando il destino, sotto qualsiasi forma, si rivolge direttamente alla nostra individualità, quasi chiamandoci per nome, in fondo all’angoscia e alla paura esiste sempre una specie di attrazione, perché l’uomo non vuole soltanto vivere, vuole anche conoscere fino in fondo e accettare il proprio destino, a costo di esporsi al pericolo e alla distruzione».

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