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“Don Giovanni a cenar teco”: ultima serata al Teatro della Tosse di Genova

Don Giovanni a cenar teco

regia Antonio Latella
durata: 220′
con Caterina Carpio, Daniele Fior, Giovanni Franzoni, Massimiliano Loizzi, Candida Nieri, Maurizio Rippa, Valentina Vacca
produzione Stabile/Mobile compagnia Antonio Latella in collaborazione con Teatro Stabile di Napoli, Nuovo Teatro Nuovo
Genova, Teatro della Tosse, 26-28 aprile 2012, h 21
In scena ancora per questa sera, 28 aprile 2012, al Teatro della Tosse di Genova l’ultima replica dello spettacolo del napoletano Antonio Latella, Don Giovanni a cenar teco. Il regista (con la collaborazione di Linda Dalisi) ripropone la celebre figura di Don Giovanni, facendone -per dirla con le sue parole- un “vampiro della vita: dove vede amore si butta per nutrirsi e vivere, non credo per amare, ma per innamorarsi di quello slancio di amore ancora incontaminato e possederlo, per poi gettarlo via una volta posseduto”.
Uno spaventoso cinismo governa il Don Giovanni di Latella che, privato di ogni residuo di scrupolo e messo a tacere ogni sentimento, domina la scena con maestria. Grazie al regista, che parte dal testo originale e lo riutilizza in modo insolito, ci troviamo davanti ad uno spettacolo che apre a prospettiva inattese: attraversa la storia, dal XVII secolo ai giorni nostri, dalle parrucche stile “corte di Luigi XIV” ai bordelli, alla musica di Raffaella Carrà, alle sonorità elettroniche, dai costumi d’epoca al casual, da quelli pomposi a succinti straccetti di paillette. Dunque le scene e i costumi sono estremamente eterogenei e variegati, e sembrano dovere molto al mondo del cinema: dalle atmosfere alla “Ultimo Tango a Parigi” a quelle di corte, in stile “Marie Antoinette”.
E’ una provocazione continua questo spettacolo: tra trionfo del trash e movimento scenico continuo, la pièce apre a momenti di pathos e riflessione sulla natura umana e sul suo essere schiava della divinità dei sentimenti. Tra giochi infantili e sessualità esibita, questo Don Giovanni complesso e rivisitato si snoda tra l’amore per la geometria di Max Frisch e un mondo fatto di passioni momentanee e di attaccamenti impulsivi. Giochi di luce accompagnano lo svolgimento dell’opera: un fascio di luce intensa, puntato alternativamente sulla faccia degli spettatori e sugli interpreti, investiga e, come in un interrogatorio tra se stessi e la propria anima, obbliga a guardarsi dentro.
Sesso, potere, amore: questa triade di passioni umane per eccellenza fa capolino ovunque nell’opera e ne fa, forse, la fortuna. Partendo dal testo di Molière ma rendendolo sempre più attuale ed adattandolo alle tendenze della società contemporanea, questo Don Giovanni piace -o non piace-, affascina -o spaventa- proprio per il suo rappresentare i più reconditi e radicati sentimenti umani. Lo spettatore, guardando lo spettacolo, rivede se stesso, sentendosi alternativamente lo spietato e cinico Don Giovanni o la povera Elvira, abbandonata dall’abile seduttore; vede rappresentata la sua paura di amare, la sua delusione per l’abbandono e per il rifiuto,e la sua speranza di redenzione da una vita alla deriva. Tutto questo è Don Giovanni, un  insieme caotico di elementi eterogenei, che mostra, a ben guardare, un senso profondo e una perfetta geometria, proprio come quella tanto amata da Don Giovanni.
Sicuramente consigliato: divertente e ben fatto. Fedele all’originale, ma non troppo. Profondo nella leggerezza.

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