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Il pennello la mia anima: opere dalla Corea del Nord a Capalbio

Il pennello la mia anima
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Inaugurerà sabato 29 agosto a Capalbio presso la galleria Il Frantoio una mostra dedicata all’arte nordcoreana che celebra i cinquant’anni del Mansudae Art Studio, il più grande ed importante centro di produzione artistica del Paese. Di seguito il comunicato stampa dell’evento e alcuni approfondimenti sul tema dell’arte nordcoreana.

«I cinquanta anni del Mansudae Art Studio

Pochi, soprattutto in Occidente, sanno che il più grande centro di produzione artistica al mondo è il Mansudae Art Studio di Pyongyang, la capitale della Corea del Nord. Fondato nel 1959 (e quindi quest’anno celebra il suo cinquantesimo anniversario), sei anni dopo la fine di una guerra che aveva fatto oltre due milioni di morti fra i nordcoreani – più del 20% della popolazione dell’epoca – e che aveva completamente raso al suolo la città, testimonia la grandissima attenzione prestata all’arte da quel popolo
Il Mansudae Art Studio ha 4000 addetti di cui 1000 artisti, una superficie di oltre 120.000 metri quadri ed è in costante espansione, perlomeno nel numero degli edifici al suo interno, e miglioramento. Suddiviso in tredici gruppi creativi, sette impianti produttivi e oltre 50 reparti per l’approvvigionamento di materiali, vi si realizzano dai ricami alle statue in bronzo, dagli oli alla ceramica, dalle xilografie ai dipinti a china su carta e molto altro ancora.
Queste enormi dimensioni non devono far pensare a una specie di catena di montaggio sullo stile di alcuni centri cinesi, tailandesi o vietnamiti che sfornano opere per lo più di basso livello realizzate da artigiani, spesso giovanissimi. La quasi totalità dei suoi artisti sono laureati alla rigorosa e selettiva facoltà di Belle Arti dell’Università di Pyongyang. Dopo la laurea i migliori vengono invitati a operare nel Mansudae Art Studio, così come vi vengono invitati gli autori che si sono distinti in centri meno importanti.
Tutti gli artisti, quale che sia la tecnica che utilizzano, e in realtà tutti gli addetti del centro, godono di uguale dignità. Comunque l’abilità dei singoli viene riconosciuta: gli artisti considerati migliori godono di alcuni privilegi, in particolare hanno studi privati all’interno della struttura, mentre gli altri condividono gli spazi. Inoltre in Corea del Nord esistono due onorificenze per capacità artistiche: Merit Artist e People’s Artist. Nel corso degli anni circa 100 artisti del Mansudae Art Studio sono diventati Merit Artist e circa 35 People’s Artist, grosso modo la metà del totale del paese.
Il Mansudae Art Studio è solo un luogo di lavoro: chi vi opera abita nella propria casa a Pyongyang, mentre all’interno del centro sono presenti servizi quali la mensa e un asilo.
Il centro ha anche una galleria per la vendita ai pochissimi visitatori stranieri e i prezzi delle opere dipendono dal valore degli artisti. Sorprendentemente questi prezzi, e quelli praticati in Cina e negli altri paesi asiatici dove le opere vengono talvolta esposte, sono spesso superiori, anche di molto, a quelli che vengono praticati in Occidente. Il ricavato delle vendite va o al centro nel suo insieme o ai vari gruppi creativi che godono di notevole autonomia, anche finanziaria. Gli artisti sono stipendiati.
Attualmente il presidente del Mansudae Art Studio è un architetto e il vicepresidente, quello che maggiormente si occupa delle arti figurative, è Kim Song MIn, uno dei massimi pittori del paese, autore fra l’altro del ritratto del padre della patria Kim Il Sung che venne esposto sul carro funebre durante il suo funerale nel 1994.
Dal 2006 il Mansudae Art Studio ha in Italia una rappresentanza esclusiva per l’Europa. La prima mostra in Occidente è stata tenuta nel maggio 2007 a Genova, nei palazzi Cattaneo Adorno e Doria. Questo si innesta nella tradizione dei rapporti privilegiati fra Corea del Nord e Italia che, nel 2000, è stato il primo grande paese a riconoscerla. Ed è stato proprio il senatore Lamberto Dini, che come ministro degli Esteri aveva effettuato quel riconoscimento, a inaugurare la mostra di Genova insieme all’ambasciatore nordcoreano in Italia.

L’arte nordcoreana

Dopo l’arte cinese, quella sudcoreana, quella del sud-est asiatico e quella indiana, anche l’arte della Repubblica Popolare Democratica di Corea (Corea del Nord) si sta affacciando sulla scena dell’arte globale. E’ questa ancora una delle prime volte che opere di questa nazione sono visibili in Occidente.
L’aspetto immediatamente evidente dell’arte nordcoreana è il suo essere rigorosamente realistica: per diverse ragioni l’esigenza di un’espressione astratta o concettuale non viene avvertita nel paese.
Per quanto riguarda i soggetti si possono distinguere, a grandi linee, due filoni: uno politico e uno tradizionale senza espliciti richiami propagandistici.
Da un punto di vista dei singoli artisti si possono rilevare anche qui due componenti: una sociale e una individuale.
Tutta l’arte nordcoreana è sociale nel senso che gli artisti considerano la loro attività al servizio ed espressione della società e operano nell’ambito della filosofia nazionale la Juche, una concezione autarchica e positivistica, innestata in un contesto marxista, riferita sia alla società nel suo insieme e nei suoi vari aspetti sia all’individuo,.
L’artista, quindi, a seconda della situazione e delle sue inclinazioni, produrrà opere che si inseriranno in un punto della gamma che va dal sostegno esplicito e agiografico del sistema, dei suoi leader e dei suoi eroi a un’interpretazione quasi lirica della natura o del soggetto apolitico. Sempre, di nuovo, nell’ambito della filosofia nazionale, per cui non ci saranno opere che mostrino aspetti negativi della società, se non sofferenze causate da agenti esterni – tipicamente gli americani e i giapponesi. Tutte le opere vogliono comunque essere ispiratrici, o nel soggetto esplicito o nella bellezza, in senso lato, di quello che viene raffigurato.
L’artista non è il pedante esecutore di un tema imposto dall’alto ma un interprete nell’ambito di un canone o di una tendenza. Un paragone potrebbe essere fatto con l’arte italiana di periodi in cui la committenza principale e la cultura dominante erano religiose: la maggior parte delle opere erano di soggetto assolutamente religioso e poi c’erano paesaggi, ritratti, nature morte e simili.
Nell’arte nordcoreana va inoltre considerato l’aspetto orientale che non condanna la copia: per un artista orientale in genere non è disdicevole, ma anzi può essere un onore, raffigurare un soggetto già eseguito da un artista importante o quello di un’opera particolarmente felice, per cui si avranno numerose opere che dagli occhi occidentali vengono percepite come copie ma che per un orientale non hanno uno stigma negativo, anche perché spesso ne colgono sottili variazioni. Comunque, detto questo, anche per un nordcoreano una cosa è ripetere un soggetto, per esempio il monte Paektu, una sorta di montagna sacra coreana, un’altra è rifare pedissequamente un’opera.
Il filone politico ha naturalmente chiari legami con il realismo socialista, per motivi sia ideologici sia storici. Moltissime opere, soprattutto quelle esposte in ambienti pubblici come scuole, fabbriche, alberghi o nelle vie, raffigurano uno o entrambi i leader, Kim Il Sung e Kim Jong Il, nei più disparati contesti. Tali opere non circolano all’estero, proprio per la loro funzione essenzialmente agiografica e didattica che andrebbe perduta o potrebbe essere fuorviata al di fuori del contesto nordcoreano.
All’estremo opposto della gamma cui accennavamo ci sono i ritratti dei figli, i paesaggi del Gumgang, la montagna che non si dimentica nemmeno in sogno, i ricami dei fiori, i jewel painting delle gru, le moltissime raffigurazioni di tigri.
Questa brevissima analisi si può concludere con le parole di Pier Luigi Tazzi, il celebre critico che ha curato la prima mostra in Occidente di opere dal Mansudae Art Studio: “Oggi questa arte è quella della Corea del Nord e come tale è oggi unica al mondo… è una modalità del fare artistico, e della sua relativa concezione, compresente all’arte planetaria del tempo in cui viviamo e quindi, per quanto possa sembrare inopportuno, sua ineliminabile componente”.

Korean Painting

Il termine Korean Painting – fuori della Corea in inglese – indica la pittura a china su carta, quella tradizionale e tuttora la più popolare. Fino a metà anni Sessanta era praticamente la sola tecnica utilizzata e gli artisti del Mansudae Art Studio che la praticano sono tuttora molti di più di quelli che utilizzano le altre. I più importanti lavori sociali e politici vengono realizzati con questa tecnica.
L’artista dipinge sul foglio steso su un piano orizzontale rivestito da uno spesso panno morbido e ha al suo fianco le vaschette con i colori, variamente diluiti con acqua, con una gamma non molto ampia. E’ richiesta grande capacità nel valutare l’assorbimento del colore da parte della carta e una notevole destrezza e controllo della mano per ottenere i diversi effetti. Le correzioni e le cancellature sono quasi impossibili per cui è una pittura che va eseguita alla prima.

Pittura a olio

La pittura a olio è arrivata in Oriente solo nel XIX secolo. Al Mansudae Art Studio viene praticata dagli anni Sessanta e ha quasi raggiunto lo status del Korean Painting. Molti artisti, soprattutto fra i più giovani, utilizzano entrambe le tecniche.
La pittura a olio viene eseguita con gli stessi materiali utilizzati in Occidente: si vedono tubi di colori di buona qualità, di produzione prevalentemente cinese ma anche inglese e francese. Le tavolozze, i solventi e i medium sono quelli a noi consueti: essenza di trementina e olio. Il supporto è immancabilmente la tela. Rispetto a quella occidentale, è spesso più materica: il colore viene utilizzato in abbondanza, senza particolari velature.
Nel dicembre 2008, l’ambasciata italiana a Seul, responsabile anche per la Corea del Nord, ha finanziato, su richiesta del ministero della Cultura nordcoreano, un corso sulla pittura a olio a Pyongyang per una trentina di pittori fra i 25 e i 50 anni. Il corso, il primo di genere artistico mai offerto da uno straniero, ha ricevuto un enorme apprezzamento ed è stato tenuto da Eugenio Cecioni, il curatore di questa mostra.

Xilografia e Disegno

La Corea ha una grande tradizione nel riprodurre immagini o segni attraverso un processo di stampa. Nell’ignoranza eurocentrica della quasi totalità degli Occidentali, in Corea la stampa a caratteri mobili metallici venne inventata verso il 1230, più di 200 anni prima di Gutenberg. Per quanto riguarda la xilografia, la prima stampa del canone completo buddista, tramite 80.000 blocchi di legno, la Tripitaka Koreana, è del 1021.
Le xilografie nordcoreane sono spesso impresse con colori lucidi, quasi smalti, su carta patinata anch’essa lucida, con una smagliantezza caratteristica. Meno comuni le xilografie monocrome, spesso su carta molto leggera.
Un aspetto fondamentale per i collezionisti, antitetico con questa tecnica che dovrebbe essere utilizzata per numerose riproduzioni, è che le tirature sono estremamente basse, normalmente vengono stampate solo cinque copie, spesso anche meno, così che secondo le convenzioni contemporanee le opere sono considerate pezzi unici.
I nord coreani sono eccellenti disegnatori di ispirazione classico-realistica. Il mezzo più utilizzato è la grafite, ma è frequente anche l’uso del carboncino e della penna. I soggetti preferiti sono i ritratti, spesso a sfondo sociale o militare. Vengono raffigurati lavoratori, militari, coppie. Molti disegni hanno una suggestiva efficacia espressiva derivante talvolta dalle altre attività artistiche del disegnatore, dalla scultura alla produzione di manifesti.

Jewel Painting e Ricamo

Quella del Jewel Painting (pittura con gioielli) è una tecnica tipicamente coreana che consiste nell’incollare su una tavola pietre preziose e semipreziose ridotte in polvere. Non ci sono colorazioni aggiunte: dove l’opera è azzurra è perché è stata utilizzata una pietra azzurra, dove è verde la pietra è verde e così via. E’ richiesta una grande maestria e si ottengono effetti al tempo stesso spettacolari e delicati. La tecnica si chiamava Powder Painting (pittura con polveri): fu Kim Il Sung a cambiarle nome in Korean Jewel Painting a sottolineare che venivano utilizzate pietre semipreziose e preziose indigene.

I ricami nordcoreani sono stupefacenti: il pubblico ha spesso una reazione di incredulità nei confronti di queste opere, tale è la loro ricchezza coloristica e la finezza dei passaggi tonali. Le ricamatrici – questa tecnica è tipicamente femminile – sono considerate al pari dei pittori e degli scultori e anche loro possono ricevere i riconoscimenti di Merit Artist e People’s Artist. Le opere vengono spesso realizzate a più mani: a quelle di dimensioni normali lavorano fino a tre ricamatrici, a opere molto grandi possono lavorare contemporaneamente anche più di dieci artiste e in ogni caso colpisce la loro sintonia operativa.

Calligrafia

Le opere calligrafiche, le scritte, sono fra le più tipiche espressioni artistiche orientali. Quelle coreane hanno una differenza sostanziale rispetto alle più note cinesi e giapponesi: il coreano non utilizza ideogrammi ma un alfabeto fonetico, lo hangul, letteralmente inventato nel 1443-44 su ispirazione del re Sejong il Grande e forse addirittura da lui. Le vocali e le consonanti vengono raggruppate in sillabe che costituiscono il modulo base della scrittura. Il contenuto delle scritte è tipicamente un aforisma o anche una singola parola densa di significati. Frequenti sono scritte di ispirazione patriottica, mentre rare sono quelle politiche. Gli autori delle scritte sono artisti che praticano anche altre forme artistiche, per lo più Korean Painting, tecnica che anch’essa richiede la maestria di un’esecuzione che non consente correzioni.

Manifesti

Una delle produzioni più caratteristiche della Corea del Nord è quella dei manifesti. Tipica espressione del cosiddetto realismo socialista, ormai vengono realizzati quasi esclusivamente in quel paese. Sono tutti dipinti a mano, per lo più a tempera o ad acrilico. Possono essere opere uniche, oppure i soggetti più popolari possono essere riprodotti da vari artisti, mostrando differenze, anche sostanziali, di esecuzione. Sono in genere firmati. I soggetti sono tutti patriottici: o esaltano aspetti positivi della patria o si scagliano contro i nemici, quasi esclusivamente gli americani e i giapponesi – gli aggressori – in modo spesso truculento. Oltre a un’immagine tutti i manifesti contengono anche una scritta, talvolta violentissima. Alcuni soggetti vengono riprodotti in grandissime dimensioni, di molti metri, e sono esposti in luoghi pubblici, soprattutto in occasione di manifestazioni.»

IL PENNELLO LA MIA ANIMA
Opere dalla Corea del Nord
29 agosto – 13 settembre 2009
Galleria IL FRANTOIO
Piazza della Provvidenza, 10 – CAPALBIO (Gr)
Inaugurazione sabato 29 agosto, ore 19

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