Arte contemporaneaLiricaMusica classicaMusica contemporaneaPerformancePoesia

Intervista: il talento di Silvia Pepe e il suo universo artistico multiforme

Nel mondo dell’arte, pochi riescono a spaziare con maestria tra diverse discipline mantenendo un’identità coesa e un’espressività unica: Silvia Pepe è una di queste rare artiste. Soprano di talento, compositrice innovativa, artista visiva ispirata e poetessa dal forte impatto emotivo, Silvia Pepe ha una formazione classica, arricchita da un’incessante ricerca espressiva, che le ha permesso di esplorare e unire mondi apparentemente distanti. Ma cosa muove e ispira un’artista così completa nella creazione delle sue opere? In questa esclusiva intervista, Silvia Pepe ci svela le fonti della sua ispirazione, il processo creativo dietro le sue creazioni, e l’impatto che intende lasciare nel pubblico e nel mondo dell’arte.

Che ruolo ha avuto il tuo background formativo al Conservatorio G. Verdi di Milano nella tua carriera multidisciplinare? E che cosa ti ha guidato a scegliere gli strumenti e le materie musicali che hai approfondito?
«Ho cominciato esclusivamente come pianista e fino ai 15 anni ero completamente convinta di voler fare solo la concertista a tempo pieno, poi la vita mi ha fatto innamorare totalmente e inaspettatamente del canto. Da li tutto a catena è cambiato. Posso dire che cembalo e organo sono stati dei meravigliosi alleati alla mia formazione, ma come chi mi conosce sa, mi lascio prendere la mano: infatti di organo ho fatto anche la specializzazione in 900 e contemporaneo, potendomi permettere il repertorio virtuosistico dopo la formazione pianistica. Mi manca tuttora forse più l’organo del pianoforte, che ho smesso di suonare professionalmente a 20 anni. Nonostante mi abbia accompagnato in tutta la mia vita col pianoforte sentivo sempre una barriera tra me e il pubblico, che col canto e la composizione si infrange del tutto. 

Quando ho deciso di fare del canto la mia attività principale, ho avuto parecchi momenti di crisi, maestri incompetenti compresi, competizione che con l’arte non dovrebbe ma purtroppo ha sempre a che fare, e tanti dubbi sulle mie capacità. Poi piano piano anche grazie a una terapia da uno psicologo ho calmato i miei demoni e sono giunta a patti con l’amore di me e del mio strumento, il corpo, e di conseguenza con la mia voce. La musica contemporanea che mi ha sempre interessato eseguire è diventata una grande fetta del repertorio al quale mi dedico e fortunatamente ho avuto degli insegnanti che mi hanno permesso di poter accostare tecniche vocali estese e salti pazzeschi accanto all’opera italiana, russa e tedesca più tradizionale senza problemi di sorta.»

In che modo riesci a fondere le tue varie abilità artistiche? Questo processo è continuamente in evoluzione, oppure segue una sorta di schema o piano già stabilito?
«Nessun piano; quelli solo riguardo le scadenze di concerti, opere, mostre, concorsi… Per il resto seguo l’ispirazione (odio questo termine ma va usato proprio perché legato all’istinto, e di istinti sono fatta): in certi periodi sono in full immersion sulle mie opere fatte col fuoco, in altri totalmente dedita al canto e alla composizione, senza toccare l’arte visiva. Mentre sono in “pausa” da una o dall’altra attività il mio cervello elabora tutto a modo suo e ogni idea viene modellata e dettata da ciò che sto vivendo; quando torno all’atto pratico quella sosta mi ha fruttato e ha portato una nuova creazione, una nuova consapevolezza. Ho bisogno di queste alternanze per stare in equilibrio, e ho necessità di ogni sfaccettatura delle arti che pratico, con i miei tempi.»

Hai un approccio particolare nello scegliere i progetti musicali e le collaborazioni artistiche, considerando il tuo ampio spettro di interessi e talenti?
«Scelgo i progetti in base a ciò che so che posso fare bene e mi interessa davvero, poi a volte mi sbaglio, anche sulle collaborazioni, umanamente: artisticamente ci vedo quasi sempre chiaro.»

Nell’ambito della lirica, qual è stato il ruolo che hai trovato più sfidante tra quelli che hai interpretato e perché?
«In generale Lady Macbeth per le agilità e la lunghezza del ruolo; non l’ho ancora portato al debutto, ma l’ho studiato interamente e mi dà molta soddisfazione. Nello specifico tra quelli che ho cantato, se di ruolo si può parlare in quanto ho debuttato solo in due scene per ora: Eva, in Licht di Stockhausen.
Tutti i ruoli Pucciniani mi fanno sentire a casa invece, così come il repertorio da camera russo.»

Tra le tue esperienze di performance internazionali, ce n’è una che consideri particolarmente significativa o formativa per la tua carriera?
«Sicuramente la più emozionante è stata cantare in Bulgaria, al teatro di Velingrad dove aveva cominciato Nicolai Ghiaurov in un festival in suo nome, che purtroppo non esiste più. Altre indimenticabili esperienze restando in Europa sono state l’essere eseguita dall’Ensemble Intercontemporain a Parigi – su Youtube potete trovare il pezzo eseguito in quel concerto con partitura in scorrimento annessa – e dalla Orchestra Verdi con cui ho anche cantato un pezzo meraviglioso e delirante.»

Come si configura il tuo approccio alla scrittura musicale? C’è un particolare compositore o epoca che ti serve da riferimento nel tuo processo creativo?
«Riferimento no, ma ho studiato molto approfonditamente diversi autori che volente o nolente mi influenzano anche nelle scelte estetico-compositive: sicuramente avevo già affinità elettive con la loro poetica e la loro scrittura perché quando li ho studiati ed ascoltati era come trovare quel che avrei voluto scrivere, quello che avevo cominciato ad esplorare nel mio piccolo. Sicuramente Xenakis e Ligeti più svariati compositori viventi con cui ho anche scambiato opinioni e ho lavorato, “saturistes” francesi in primis e, tra gli italiani, Pierluigi Billone. Un altro mostro sacro con cui ho studiato è Sciarrino: anche se abbiamo opinioni radicalmente differenti, venero la sua scrittura.»

Anche la tua poesia si distingue per la profondità, la varietà di riferimenti culturali e la ricchezza espressiva. Quali elementi ispirano e guidano il tuo processo di scrittura poetica?
«La cultura ebraica, l’esoterismo, la malattia mentale e una ricerca estatica come percorso di vita. Prendetela esattamente come l’ho scritta. Su questi concetti non so argomentare in termini discorsivi quindi mi affido a immagini e visioni appunto tradotte in poesia o prosa poetica.»

Puoi descrivere il processo creativo dietro una delle tue opere esposte che consideri particolarmente rappresentativa della tua ricerca artistica? 
«Copio incollo la descrizione di una mia opera in cui la parte concettuale è rispecchiata molto chiaramente nella realizzazione plastica.»

“Terra Nera” è un paesaggio mentale racchiuso in una cornice contrastante che, creando un confine tangibile intorno a un mondo di significati, funge da barriera ad un tracimare della terra, feconda e mortifera, creatrice e distruttrice al contempo.
La texture della superficie sorge dall’oscurità e al contempo non ne esce mai.
L’elemento barocco estetizzante della cornice simboleggia i limiti della comprensione umana, la forma “costruita” entro cui cerchiamo di percepire la realtà per renderla più accettabile ma perdendone spesso lo spessore tragico-vitale.
Il colore nero non rappresenta solo l’assenza di luce, il vuoto, ma è anche e soprattutto il terreno fertile in cui può nascere nuova vita, la fecondità che può nascere dall’oscurità in relazione alla sfida di espandere i confini della nostra comprensione del mondo.

Nel tuo lavoro recente sulle arti visive, che ruolo ha avuto la ricerca musicale?
«Principalmente la forma mentis che la pratica compositiva porta con sé si riflette nella composizione e costruzione di dipinti e sculture, che spesso sono legati a soggetti affrontati nella mia esperienza musicale. Ho realizzato alcune tele con frammenti significativi di mia musica all’interno trasfigurati in unione alle pennellate, ma non li considero particolarmente rilevanti nella mia produzione.

La musica è invece parte integrante delle performances in cui compongo dei background elettronici/strumentali e/o canto dal vivo in connessione a mie opere d’arte visiva. Non escludo che in futuro realizzerò installazioni sonore interattive, ma su questo ancora dovrò studiare!»

Nel contesto delle tue esibizioni in gallerie d’arte internazionali, come The Holy Art Gallery a Londra e Atene, qual è stato l’impatto del pubblico e della critica sul tuo lavoro? C’è differenza rispetto alla percezione da parte del pubblico italiano?
«A prescindere dal luogo in cui espongo, tutta la differenza la fa l’organizzazione: Londra e Berlino, che sono le città che mi hanno rappresentato fin ora, rendono dei servizi veramente ottimi e seguono gli artisti con un team molto organizzato. In Italia alcune esperienze meravigliose, altre da dimenticare, ma non farò nomi per evitare di riaprire discorsi che stavano andando sul legale… credo in ogni caso che gli interessati abbiano avuto feedback molto esplicativi dalle mie reazioni. »

Quali sono i tuoi prossimi progetti o aspirazioni?
«Sicuramente la novità più grande è quella di integrare la mia musica in un video utilizzando mie opere visive, software vari e la tecnologia GAN con montaggio creativo. Inoltre attendo nuovi debutti lirici, concerti di contemporanea e una tournée particolarmente lunga e importante di cui non posso ancora parlare ufficialmente. Come aspirazione mi piacerebbe realizzare pian piano tutta una serie di connessioni tra le arti in un testo che spieghi la mia poetica, per me è una grandissima sfida concettualizzare le mie idee. Spesso agisco e poi mi psicanalizzo capendo le ragioni di ciò che il mio inconscio ha dettato, ora sono abbastanza vecchia da poter mettere un ordine ai miei pensieri e fare pace con la sintassi che impazzisce quando i concetti mi stanno troppo a cuore.»

Grazie a Silvia Pepe che ci ha condotto attraverso i corridoi del suo universo creativo, dimostrando che l’arte non conosce confini: la sua voce, sia in senso letterale che figurato, è un ponte tra diverse espressioni artistiche, un invito a considerare l’arte come un tutto indivisibile e profondamente interconnesso, capace di emozionare, provocare e unire.

Link alle pagine web di Silvia Pepe
Intervista di Sergio Chierici