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“Le persone, soltanto le persone”: il volume di racconti narrati da Christian Raimo

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Christian Raimo è un personaggio abbastanza conosciuto sul web (lui stesso ricorda in un suo racconto di aver una pagina a suo nome su Wikipedia) e anche nell’ambito della narrativa e della critica. Lo si può trovare su Facebook (memorabili i suoi fittizi e grotteschi dialoghi con i suoi allievi) ma anche sul portale minimaetmoralia della casa editrice Minimum Fax, dove pubblica recensioni e interventi di vario tipo, dall’attualità al cinema, dai temi più scottanti di oggi sino ai dibattiti su letteratura e società, in generale e nello specifico della realtà capitolina. L’ultima sua pubblicazione è appunto una raccolta di racconti, sempre a cura della romana Minimum Fax, dove Raimo, per sua stessa confessione, compendia alcuni temi ricorrenti della sua scrittura e riprende racconti da lui pubblicati in passato (anche se in forma più snella e sintetica) e su quotidiani o altre sillogi.

Le persone, soltanto le persone è un volume di poco più di duecento pagine, dalla scrittura agevole e adatto a una lettura di svago ma non per questo poco impegnativa; senza però aver bisogno necessariamente di solide esperienze di letture alle spalle e anche, fondamentalmente, senza una necessaria abitudine visiva a una sintassi elaborata e ricca di richiami letterari. No, il testo di Raimo è semplice nella sua proposta narrativa, affabile nei confronti del lettore che gli si avvicina. Si tratta di una raccolta, come già detto, di otto testi di lunghezza variabile e argomenti diversi, che risente nello stile di una certa narrativa nordamericana della seconda metà del Novecento, specialmente per il realismo corposo che mette in gioco nelle sue descrizioni. Si passa, infatti, da vicende di tradimenti amorosi a storie di droga, di sparizioni di persone, di povertà raffigurata in mense dei poveri affollate da indigenti o disperati con vicende umane terribili alle spalle. Tutto questo ruota attorno al centro della città di Roma che, o come luogo principale degli avvenimenti o come richiamo indiretto, sembra comunque sempre attrarre i protagonisti in un moto vorticoso, centrifugo e centripeto, sballottandoli e travolgendoli, lasciandoli poi morenti, con verghiana memoria, sul ciglio della strada.
Il tutto, poi, caratterizzato dal leitmotiv di quel realismo crudo e materiale, fatto di sangue, denaro, eroina, sperma e deiezioni di vario tipo, all’insegna della peggior umanità. Come nei racconti Niente più culto nell’Italia dei morti, Ceto medio e Il cielo stellato lontano da noi, con spunti, in questo caso, anche di zoliana memoria.

Oppure all’insegna di un realismo splatter, al quale probabilmente si può accostare per certi tratti questa raccolta di Raimo: cioè sotto l’egida di quella “letteratura cannibale” che in Italia ha dato i più significativi risultati negli anni Novanta del secolo scorso, di fronte a una collettiva perdita di valori e a fronte dell’avanzare della dimensione metropolitana e periferica dei grandi distretti urbani e che ha visto negli hinterland e nei sobborghi romani l’esempio più macroscopico, almeno a livello nazionale come le cronache recenti dimostrano. Si tratta, quindi, di una narrativa di forte ascendenza pasoliniana, cruda allo stesso modo ma forse più sanguinaria, e non solo negli scontri/incontri tra corpi e liquidi, protagonisti delle vicende. Non a caso Pasolini è un protagonista di una delle storie; provocatoriamente, si tratta di un Pasolini non più nelle vesti di oppositore e voce critica della cultura dominante ma lui stesso parte integrante del sistema di potere, addirittura assurto al ruolo di ministro della pubblica istruzione (con annessi nei vari posti chiave Laura Betti, Ninetto Davoli, ecc.); e, ancor più paradossalmente, il Pasolini colletto bianco e ministro sarà oggetto di un attentato (fallito goffamente) da parte di uno scrittore frustrato, autoesiliatosi a Cuba e dedito prevalentemente al consumo di erba e hashish ovvero quell’Italo Calvino che s’era distinto da giovane solo per alcuni felici esordi narrativi. Memorabile (e divertente), a tal proposito, una dissertazione del Calvino personaggio sulle sei modalità di preparazione di una sigaretta o “paglia” (ma dovremmo chiamarle “Lezioni stupefacenti. Sei proposte per la prossima…”): prima ovviamente di lanciarsi all’inseguimento del suo “nemico” Pasolini e alla realizzazione di un’improbabile quanto grottesca aggressione al suo più affermato e potente collega.

 

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