Libri: Silvia Avallone, «Acciaio»
Acciaio è la lega che tiene uniti i vinti, gli umili, i dimenticati di questa vicenda.
Piombino, via Stalingrado, stabilimento siderurgico Lucchini-Severstal; è questa la sede dell’affascinante e diabolica macchina sforna soldi e miseria che con i suoi trucioli, le sue esalazioni tossiche e la palude infestata di vita e morte, incombe sul panorama come reale protagonista.
In lontananza, sullo sfondo, sono energicamente portate avanti dalla Avallone le ordinarie storie intrecciate delle tante marionette dimenticate dal mondo.
Sono vecchi e grassi pensionati con occhi dimentichi di qualsiasi innocenza che osservano carne giovane e fresca forse esposta più del dovuto; sono operai stretti nella logora tuta blu da lavoro, sporca di sudore e rimpianto; sono madri e mogli che hanno perso il sogno di essere donne; ma sono soprattutto giovani ragazzi scaraventati nel mondo adulto a calci e schiaffi, la cui sola speranza per il futuro prende le forme di un’isola che non è quella lontana e irraggiungibile delle favole, ma quella che si staglia e risplende non lontano tra i fumi e i gas di una ciminiera ancora legata al presente.
Anna e Francesca, Sandra e Rosa, Enrico e Arturo, Alessio e Cristiano, Nino e Massi in una spirale di personalità che si odia e si ama, che si perde e si ritrova: unico appiglio su cui poter fare affidamento sembrano essere proprio quei gatti, anche loro d’acciaio, che sai di trovare, unica costante, nonostante tutto.
Sono incuriosita…la lettura della recensione mi ha fatto venire in mente il film di Virzì “Ovosodo” : come sfondo quartieri popolari e miseria, in rilievo l’arroganza dei ricchi e la bieca manipolazione del povero protagonista a ricordarci che non sempre bene e giustizia trionfano sul male. Leggerò senz’altro Acciaio, chissà che non sia altrettanto commovente del film di Virzì.