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“Signs of nature” di Stefano Lanzardo a Milano

Continua presso lo spazio Meriggi (Ripa di Porta Ticinese, 45 – Milano) la mostra fotografica Signs of Nature di Stefano Lanzardo, a cura di Cinzia Compalati e Cristina Meriggi, inaugurata in occasione del Milano Photofestival.

Segni – siano quelli della natura umana o animale o vegetale – portatori di indizi che, raccolti, tracciano storie.

Infatti è forte, da sempre, in Stefano Lanzardo la tensione verso il racconto: abbandonato il linguaggio verbale – l’artista è anche giornalista – lo sostituisce con quello delle immagini. Una carriera sdopppiata tra i binari della fotografia professionale e della ricerca artistica.

Un cerchio che si è chiuso per la prima volta con Tracce (2005), progetto nato osservando alcuni suoi scatti – realizzati nelle situazioni e per le occasioni più disparate – casualmente sparsi in studio “nell’ordinato caos” dell’atto creativo. Assonanze strabilianti e immediatamente percepibili – a livello compositivo, tensionale e sintetico – riscontrabili tra reportage e lavori di ricerca: fronde di alberi mossi come silhouette di ballerine, corpi arsi quasi fossero suoli desertici o plasticità che accomunano uomini e natura.
La serie è stata esposta al Salon d’Automne di Parigi nel 2005 e presso la galleria norvegese Østfold Kunstnersenter-galleri ØKS nel 2007.

In mostra anche Water Body – installazione realizzata site specific nel 2011 per il Galata Museo del Mare di Genova – quale cerniera tra il lavoro più strettamente professionale di Lanzardo e quello dedicato alla pura ricerca artistica. I visitatori attraversavano un’acquosa struttura, camera di decompressione tra l’uno e l’altro mondo. Grazie alla stampa su materiale trasparente e all’immedesimazione suggerita dal sonoro, affioravano sintonie compositive e visive tra la fluidità dell’acqua e il movimento del corpo umano che sembra immerso, liquefatto come una medusa in un acquario.

Infine una selezione di fotografie fine-art estratte da Rock Carving, ricerca nodale nella produzione di Lanzardo, il quale – con la sua personalissima declinazione della tecnica del light brush – ha ripreso al buio corpi umani illuminati da un pennello intinto di luce che lui stesso calibra. L’effetto di questi corpi ridotti alle loro sagome essenziali, quasi fossero graffiti di luce incisi nel buio delle caverne – da cui il titolo del lavoro –, è ottenuto grazie a una tecnica sapiente e raffinata di scatto e messa in posa senza ricorrere ad alcuna rielaborazione al computer. Esposta nel 2009 in Norvegia in occasione del Festival Folk i Gata.
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