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Ecco l’Uomo di Paolo Fiorellini: guerriero, idolo, cyborg…

Dal 4 al 26 marzo il Centro Salvador Allende della Spezia ospita la mostra di Paolo Fiorellini Ecce homo, a cura di Mara Borzone. La fantascienza, o, piuttosto, i suoi personaggi, sono il linguaggio adottato da Fiorellini in questi lavori, l’inganno della tecnologia è l’idea di fondo; il titolo è la frase di Ponzio Pilato, con tutti suoi sottintesi.

Un artista, se è tale, cattura i segnali dal mondo esterno, e li rielabora. In qualche caso li anticipa, come in questa mostra di Paolo Fiorellini, pensata in tempi non sospetti, recenti eppure sostanzialmente tranquilli, e inaugurata durante una delle più complesse crisi che il Mediterraneo abbia mai visto.

Gli uomini di ferro di Fiorellini, giganteschi iron men, molto meno aggraziati e dinamici del protagonista del fumetto, evocano le mummie, fasciati in bende metalliche che ne impediscono l’identificazione, ma anche i guerrieri crociati nelle loro armature.

La recente, triste sorte di alcune mummie del Museo del Cairo, o le conseguenze delle Crociate, tutte da rileggere in chiave odierna, non sono che due delle possibili premonizioni di Fiorellini, o esempi della sua weltanschauung, una visione del mondo autonoma, pacata, distaccata, riflessiva e senza retorica.

Ecce homo non si esaurisce nei grandi uomini di ferro: una serie di stele provenienti dal futuro celebra altri archetipi di guerrieri, samurai o lunigianesi dell’età del ferro, persino una guerriera, cyborg che non esistono ancora.

Ai cyborg metallici è arrivato dopo una lunga sperimentazione sui materiali, iniziata con la pittura materica e proseguita con pesci/aerei in fil di ferro dentro piccole teche in vetro e metallo, colme di silicone trasparente. L’aspetto traslucido del silicone, attraente e insieme repellente, a contrasto con i bagliori del ferro spazzolato a mano, suggerisce tecnologie future, avanzate e, al tempo stesso, rabberciate, consunte e obsolete, ridotte a ex voto di un mondo che verrà.

Di lì sono nati gli ultimi guerrieri, sporchi di grasso nero come se venissero da un’altra galassia, corruschi e corrucciati; per farne risaltare i riflessi metallici, Fiorellini li ha collocati su un fondo di cemento, che assorbe completamente la luce e che, a sua volta, evoca panorami urbani degradati.

La ricerca di Fiorellini si muove dunque in ambiti diversi, dall’ecologia, che è anche stile e scelta di vita, alla coscienza civica – parlare di politica in senso stretto è riduttivo – al futuro, non facile, non gradevole, non rassicurante, alla religiosità, poiché di idoli si tratta. Caratteristiche comuni sono la manualità e la cura nell’esecuzione, mai troppo diligente, tuttavia riscontrabile nelle grandi opere come nei dettagli, nelle saldature come nei colpi di lima, nel progetto dell’installazione; Fiorellini ne è il regista, i replicanti metallici sull’attenti possono ricordare i guerrieri dell’esercito di Xian, ma sono allo sbando.

Paolo Fiorellini è nato a Sarzana (La Spezia) nel 1961, dove vive e lavora in un ex biscottificio. Nel 1985 ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Inizialmente il suo lavoro artistico è stato caratterizzato da un linguaggio tra la figurazione e l’Espressionismo; dagli anni Novanta la sua pittura è approdata ad un gesto più informale e ricco di materia, quindi si è dedicato alla sperimentazione dei materiali, tra cui il silicone, nel quale ha spesso incluso elementi naturali (fiori, erba o pesci). Artista visivo poliedrico, spazia fra pittura, scultura, assemblage e performance, con esiti collocabili fra la Transavanguardia e le ricerche oggettuali più recenti.

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