“L’industriale”: il nuovo film di Giuliano Montaldo, tra polemica sociale e dramma privato
L’industriale
drammatico
durata:94min.
Italia 2011
01 Distribution
di Giuliano Montaldo
con Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Elena Di Cioccio, Elisabetta Piccolomini
E’ stato presentato il 12 gennaio nelle sale (sovraffollate!) del cinema Corallo di Genova L’industriale, anteprima assoluta dell’ultimo film del regista Giuliano Montaldo (in uscita oggi, venerdì, 13 gennaio 2012). Ospiti in sala, non solo personalità di spicco del panorama politico italiano -tra gli altri, l’On. Sergio Cofferati-, ma anche una delegazione di operai di Fincantieri, che ha preso spunto dall’evento mondano per avvicinare tutto il pubblico in sala alle problematiche dell’industria del Ponente ligure. La proiezione del film, inoltre, è stata anticipata da una breve introduzione dello stesso Montaldo e dell’attore genovese Mauro Pirovano.
Il chiaro riferimento del titolo fa presagire una storia improntata su tematiche sociali: luci ed ombre sul mondo dell’industria italiana. E sotto questo segno sembra, infatti, aprirsi il film. Ad essere raccontata è la storia di Nicola Ranieri, figlio di immigrati approdati dal sud dell’Italia a Torino, dove hanno dato vita ad una fiorente fabbrica, di cui oggi resta solo un carico immenso di debiti a gravare sulle spalle di Nicola e dei suoi operai. Da questo spunto iniziale, tuttavia, la vicenda si allarga e la narrazione penetra fin nella vita privata della famiglia Rinaldi: i fallimenti lavorativi di Nicola influiscono sempre di più sulla sua sfera personale; il suo sentirsi inadeguato come leader riflette la sua inadeguatezza di marito e di uomo. Il crollo definitivo di tutti i pezzi che Nicola Ranieri non tarderà ad arrivare.
La direzione assunta dal film è a dir poco insolita: lo spettatore in sala, che ingenuamente pensava di trovarsi davanti un film impegnato nel sociale (in stile Il posto dell’anima di Riccardo Milani) resta spiazzato quando scopre che il film cela risvolti noir sul genere di Delitto perfetto, o assume le caratteristiche del banale triangolo amoroso io-lei-l’altro che, da Otello in poi, tanto ci appassiona.
Peccato che il regista abbia voluto così divagare e abbandonarsi, talvolta, alla facile retorica perbenista dei luoghi comuni. Montaldo ha messo sul fuoco troppe tematiche scottanti che, per essere raccontate veramentebene, avrebbero avuto bisogno ciascuna di un film a parte: il problema del rapporto dell’integrazione degli extra-comunitari nelle città del nord Italia (si veda il personaggio del rumeno Gabriel), le difficoltà all’interno di una coppia che, dopo otto anni, vive una fase di stallo, la rappresentazione di una tanto ricca quanto vuota classe di “borghesucci” strafottenti, il tutto orbitante attorno alle vicende del protagonista, che perde via via sempre più i tratti dell’industriale per assumere quelli del giovane uomo che deve fare i conti con l’ingombrante spettro paterno. L’appellativo “industriale” si fa progressivamente più inadeguato e lascia intravedere l’universo “umano, troppo umano” che vi si cela dietro.
Il lavoro di Montaldo alla regia, durato ben un anno di lavori ininterrotti, è sicuramente molto ben fatto: ottima la scelta delle ambientazioni, ben girato il film, di alta qualità gli interpreti, a partire da Pierfrancesco Favino, fino a Roberto Alpi, passando per la Crescentini.
Curiosità: Montaldo festeggia mezzo secolo alla regia e sessant’anni nel mondo del cinema (Achtung! Banditi!, 1951). Altro aneddoto, il film, presentato al Festival di Roma, è stato proiettato alla presenza del Presidente Giorgio Napolitano, il quale ha voluto assistere all’anteprima, pagando regolarmente il biglietto e sedendo in mezzo agli altri spettatori.
Da vedere, comunque.