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Tana per la bambina con i capelli a ombrellone, di Monica Viola

A chi naviga in rete alla ricerca di autori e letture inconsuete non sarà certo ignoto questo romanzo di Monica Viola: disponibile già un anno fa in copyleft grazie a Vibrisselibri, a gennaio 2008 è finalmente uscita la versione cartacea – rivista e ampliata – di “Tana per la bambina con i capelli a ombrellone” (Rizzoli).

“Tana per la bambina con i capelli a ombrellone” è un romanzo sull’infanzia e l’adolescenza, o meglio, su come si possa sopravvivere ad un’infanzia e ad una adolescenza segnate dalla violenza, dal dolore e dal lutto.

La “bambina”, protagonista e voce narrante di questo romanzo-diario, combatte quotidianamente una durissima lotta per ritagliarsi un proprio spazio, prima in seno alla famiglia e poi nel mondo, fra le amicizie e con l’altro sesso.
Spinta da un inesauribile bisogno di affetto – che le fa guadagnare il nomignolo crudele di “appiccicume” – la “bambina” tenta di emanciparsi dalla propria condizione di invisibilità, ma il suo percorso è punteggiato di sbandamenti e di atteggiamenti borderline.

Schietto e crudele, il romanzo di Monica Viola è capace anche di mescolare dimensione privata e dimensione collettiva, facendo emergere le fragilità di un’epoca e di un’intera generazione.
Dalle pagine occhieggiano gli anni di piombo e le azioni dei NAR – “anni di morte sotto casa”, li definisce, lapidaria, la narratrice – ma anche l’immagine di una femminilità in cerca di un ruolo diverso. Non a caso, le figure più toccanti del libro sono quelle delle madre – donna dolcissima e accogliente ma incapace di contrastare un marito padrone – e della nonna della protagonista, modelli femminili appartenenti ad un’epoca ormai lontana.

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