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Libri: “Altai” di Wu Ming

Altai si propone, già dalla fascetta, come “l’epilogo di Q”, e in quanto tale non delude: è difficile infatti che un seguito, un epilogo siano affascinanti come il modello originario, se li si osserva in questa prospettiva.

Manuel Cardoso è il nuovo centro maschile attorno al quale ruotano gli eventi di Altai, questa volta solitario come il falco che lo rappresenta, e come tale molto meno complesso e misterioso. Il rapporto di questo personaggio moderno con il tempo in cui è immerso è quello di un osservatore stupito, che nella fabula non agisce mai e resta immobile, incapace di agire ogni volta che cerca di opporsi al corso degli eventi: fuggire, uccidere un uomo, salvare un ragazzo sono azioni spinte dalla mano del destino o dagli altri personaggi, che lo circondano come Doveri e statue di Eroi.

Manuel Cardoso/Emanele de Zante riflette, piuttosto, e la sua doppiezza si esplica nel nome, nella religione e nel passaggio da un lato all’altro della frontiera che divide Venezia dall’impero Ottomano: due facce di una stessa medaglia, imperi diversi ma omologhi.

In questo libro il riferimento alla realtà contemporanea si fa meno limpido, meno contingente, prende il sopravvento forse il racconto di quell’epoca complessa e certo non aiuta la diversa dimensione (in pagine) del libro; a mancare di più, in questo romanzo ben scritto, ritmato, avvincente, è il proprio il respiro che accompagnava Q, il diverso gioco di intrecci e rispecchiamenti.

Ma forse – non è escluso – l’errore è proprio partire dalla fascetta e considerare Altai il seguito di Q: come se l’uomo dai mille nomi, Ludovico “el aleman” fosse davvero lui e non Ismail, una figura mitica che riemerge dal ventre della balena per offrire il suo esempio mitico e non più perseguibile, forse nemmeno imitabile.

Manuel si muove in un mondo difficile (in cui non a caso gli assediati di Muntzer sono descritti come pazzi invasati), nell’intreccio delle città fra Adriatico e Asia, nell’affascinante mescolanza di popoli e culture. Un mondo intrigante ma senza particolari, o meglio un mondo i cui particolari sono scelti con l’attenzione di una volontà formativa.

Ci si chiede quindi cosa fare dei pur numerosi personaggi femminili: le donne sono misteri potenti, pericolosi ed estranei. A causa delle donne cadono le Grandi Menti maschili e solo una donna combattente, accompagnata dal suo gemello può inserirsi silenziosamente nella società maschile. Giusto in tempo per poter mostrare l’istinto materno a cui gli altri non sembrano naturalmente portati.

Il viaggio, andata e ritorno, è il modulo fondamentale di questo libro, e l’intreccio delle lingue, dei dialetti, dei santi da venerare mostra una società marinara unita nelle sue divisioni, tollerante nella ricerca del profitto o della sopravvivenza.

Piccoli e grandi mercanti hanno preso il posto dei contadini di Muntzer, i giochi politici dei grandi signori sostituiscono le battaglie per le idee combattute in prima persona e Manuel, che nella sua vita precedente ha fatto uccidere e torturare, è quasi incapace di combattere con le sue mani.

Cambiano le prospettive, cambia il progetto per cui vivere e morire, cambiano i tempi – ma la morte che segna la fine di questo romanzo resta come un’ombra inquietante: è forse finito il tempo di combattere secondo i Wu Ming?

Wu Ming

Altai

Einaudi, 2010

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