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Filippo Timi racconta la sua “Favola”

Favola

di e con Filippo Timi

con Lucia Mascino e Luca Pignagnoli

durata: 2h 20′ con intervallo

Reduce dalla performance sui palcoscenici della Liguria (prima Genova, al Teatro dell’Archivolto lo scorso 25 e 26 gennaio, poi alla Spezia il 28 e 29), Filippo Timi prosegue la tournée teatrale del suo ultimo, sorprendente spettacolo en travesti, Favola. Il tour, giunto ormai al termine, approda oggi in Piemonte (TO), dove resterà fino al prossimo 5 febbraio.

Il giovane attore perugino, astro del teatro e cinema “made in Italy”, mette in scena e dirige (disegnandone anche la sceneggiatura) questo spettacolo ambientato negli anni ’50, la storia di una bambina, che c’era, “e dico c ‘era perché adesso non c’è più”, come recita il sottotitolo della pièce. Timi si “traveste”, o meglio “diventa” (come ha precisato lui stesso nell’intervista rilasciata ai fan genovesi lo scorso 25 gennaio presso le librerie Feltrinelli di via Ceccardi) per l’occasione la bella, provocante e piuttosto svampita Mrs. Fairytale, classica desperate housewife anni ’50. Assieme a lei, la fedele compagna di avventure Mrs. Emerald, interpretata da Lucia Mascino, che, tra confidenze tra donne, provocazioni e divertenti sketches, da vita ad uno spaccato di storia di emancipazione e, al contempo, di sottomissione femminile. A fare da contraltare, il giovane e bravo Luca Pignagnoli interpreta diversi personaggi maschili, stereotipi -anch’essi come le due fammes fatales– di un uomo ora virile e sicuro, ora nerd alla Steve di “Otto sotto un tetto”.

A metà tra le atmosfere pulp stile Chuck Palahniuk, o un romanzo di Aldo Nove, o un b-movie alla Tarantino, con un tocco di ktisch patinato e “paillettoso”, come nella peggiore tradizione da soap-operas, Favola è una piccola chicca teatrale, che si regge tutto sulla bravura dei protagonisti, magistrali nelle loro interpretazioni, coinvolgenti, brillanti. Timi, da maestro qual’è, fa scuola agli altri due giovani attori, e li trascina in un vortice di esilaranti improvvisazioni, in giochi di ripetizioni infinite, dilatazioni spazio-temporali. Le risate sono assicurate. E sono bene accette proprio perché, dietro l’apparente insulsa vuotezza di una comicità bassa e facile, si cela un intimismo profondo, una riflessione contrita, personale. Tanti gli spunti offerti da Timi, tantissimi. Per farla breve: il ruolo della donna e la sua dura lotta verso l’emancipazioni da assurde situazioni familiari e da violenze gratuite, prima dei “padri”, poi dei mariti; lo sdoganamento dell”‘eterno femminino”; il tradimento; l’amore omosessuale maschile, poi femminile, fino alla perdita dei confini a favore del raggiungimento di una “panta-sessualità”. Non a caso Timi (vere le presunte voci sulla sua omosessualità?) è ormai l‘idolo conclamato della comunità di gay e trans nostrani riuniti. Come dargli torto.

Una nota a parte meritano scenografia e costumi: suppellettili e arredi voluti dal regista-attore-tuttofare rigorosamente in rosa salmone e verde salvia. Tra i costumi, tutti retrò, anche quello di Grace Kelly in “La finestra sul cortile”. Vintage anche le canzoni, di Doris day.

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